- CBD e Società
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scritto da Chiara
Il 20 Settembre 2023 è entrato in vigore un decreto del Ministero della Salute, che annulla la sospensione di un provvedimento del 2020 riguardante il CBD. Questo includeva le “formulazioni destinate all’assunzione orale di cannabidiolo (CBD) ricavato da estratti di pianta di canapa” nell’elenco dei farmaci contemplati nel compendio delle sostanze stupefacenti.
Semplificando: dal 20 Settembre 2023 il governo fa rientrare il CBD tra gli stupefacenti. Come è facile immaginare, si tratta di una decisione che solleva non poche perplessità. In questo articolo, vedremo quali sono le implicazioni di questa normativa. Vedremo le argomentazioni sottese a questa decisione e tutti i suoi punti critici.
Presupposti e implicazioni del decreto sul CBD n.194
Il decreto n.194 sul CBD non riguarda tutti i prodotti derivati della cannabis, ma solo quelli destinati all’uso orale. Si parla, quindi, dell’olio CBD. Chiunque voglia assumerlo da adesso in poi dovrà acquistarlo in farmacia previa prescrizione medica. L’idea alla base del provvedimento è che, se il cannabidiolo funziona contro determinate patologie, va trattato come un farmaco. La sua vendita deve essere autorizzata e controllata.
Le ragioni sotto questa decisione sono tante. La prima è che, nonostante la bassa concentrazione di THC nella cannabis light, questo può accumularsi nei tessuti del corpo. Un altro pretesto è stato quello degli effetti sconosciuti del CBD in condizioni particolari come gravidanza, allattamento, cure farmacologiche. Infine, sono emerse preoccupazioni sull’uso della cannabis light a scopo ricreativo.
Secondo il decreto, chi vuole acquistare olio CBD o altri prodotti per uso orale dovrà consultare un medico, richiedere una prescrizione e poi recarsi in farmacia. Va detto, però, che alcune condizioni per cui il CBD viene utilizzato non richiedono l’intervento di un medico. Tra queste ricordiamo l’insonnia, lo stress, l’ansia (soprattutto se passeggera) o la mancanza di concentrazione. L’olio CBD, inoltre, può essere anche applicato sulla pelle, quindi l’uso orale non è sempre previsto.
È strano notare come la questione verta sulla presunta “pericolosità” delle ridicole percentuali di THC nella cannabis light, quando alcol e tabacco, infinitamente più dannosi, vengono regolarmente venduti senza (o con blande) limitazioni.
Decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
CBD: un’importante sentenza della Corte di Giustizia Europea
Il tema CBD è al centro del dibattito anche a livello comunitario. La Corte di Giustizia Europea, dopo il caso di un commerciante che aveva importato ricariche di CBD per sigarette elettroniche, ha stabilito che il CBD venduto legalmente in uno Stato europeo deve circolare liberamente anche negli altri paesi membri. La Corte Europea ha stabilito, inoltre, che i prodotti a base di CBD non devono essere considerati come stupefacenti.
Il nuovo decreto approvato dal Ministero della Salute italiano, quindi, varrebbe come una restrizione all’importazione e quindi una violazione dell’articolo 34 del TFUE. Una simile restrizione può essere giustificata solo dalle ragioni previste dall’articolo 36 del TFUE. Una di queste ragioni è la protezione della salute pubblico. In ogni caso, sempre per decisione della Corte Europea, la restrizione non dovrebbe mai essere più eccessiva del necessario.
Situazione in Italia
In Italia, molte associazioni pro-cannabis si sono sollevate contro il decreto ministeriale sulla vendita dei prodotti CBD destinati all’uso orale. Il Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) del Lazio ha accolto la richiesta di sospensione d’urgenza avanzata dagli operatori del settore. Una delle argomentazioni portate al TAR, contro il decreto n.194, sarebbe irregolare, in quanto, per legge, l’inclusione dei composti ad uso orale a base di CBD nella tabella dei medicinali è stata effettuata senza il parere del Consiglio Superiore di Sanità.
Già nel 2020, il Ministero della Salute aveva ritenuto necessario attendere ulteriori approfondimenti tecnico-scientifici prima di procedere all’inclusione di tali composti nella tabella. Il ricorso, inoltre, mette in discussione la decisione generale di classificare il cannabidiolo come sostanza stupefacente o psicotropa, contrapponendosi sia alla giurisprudenza comunitaria, che ha escluso che il CBD da tali sostante. Addirittura l’Organizzazione Mondiale della Sanità sostiene che il CBD non è uno stupefacente.
In attesa di ulteriori chiarimenti da parte delle autorità competenti e considerando i gravi danni derivati dalla sospensione delle vendite e dai sequestri dei prodotti CBD per uso orale, il TAR ha emesso una sospensione temporanea del decreto n.194 del Ministero della Salute fino al 24 ottobre.
La decisione del TAR Lazio (aggiornamento)
Il 24 ottobre 2023, il TAR del Lazio ha confermato la sospensione del Decreto adottato dal Ministero della Salute il 5 agosto 2023 che inseriva il cannabidiolo (CBD) tra i medicinali che contengono sostanze stupefacenti.
Secondo il TAR, il Decreto del Ministero della Salute si basa su argomentazioni scientifiche deboli e non confermate. Inoltre, non ci sarebbero imminenti rischi per la tutela della salute pubblica. Il CBD, infatti, come è stato confermato anche l’OMS, non rientra tra le sostanze che provocano dipendenza.
Pertanto, il regolamento rimane sospeso e una nuova udienza è stata fissata per il 16 gennaio 2024. In questa udienza, verranno nuovamente presentate le prove scientifiche che hanno portato l’OMS a ritenere il CBD sicuro e che hanno consolidato il favore di medici e terapeuti nei confronti del CBD.
Conclusioni
Come ormai tutti i lettori del nostro blog sapranno, il principio attivo della cannabis che genera effetti psicotropi è il THC. Il CBD non ha effetti sulla mente. Le cosiddette “formulazioni destinate all’assunzione orale“, hanno un livello di THC così basso che non porta nessun effetto psicotropo. Considerare, quindi, l’olio CBD come uno stupefacente, la cui assunzione deve essere soggetta a prescrizione medica, appare esagerato.
Un Decreto come quello del Ministero della Salute, più che dettato da ragionevoli preoccupazioni riguardanti la salute o la sicurezza pubblica, sembra essere un’azione politica volta a rallentare o a impedire il processo verso la legalizzazione. A pagarne le conseguenze saranno le aziende che da sempre operano nella legalità e nel rispetto delle leggi, ma non solo. Saranno anche tutti quei consumatori che, pur non avendo una condizione diagnosticata, trovano nel CBD un rimedio naturale a condizioni come insonnia e stati passeggeri di stress o ansia.
Non ci resta che vedere come si svilupperà la questione nel gennaio 2024. Il nostro augurio è che, alla fine, a prevalere saranno ragionevolezza e buon senso.